Addii, partenze e solitudini: l’anima urbana di Umberto Boccioni

Il dramma del distacco e della solitudine, nel cuore pulsante della modernità. Il trittico di Boccioni è una pietra miliare dell'arte del Novecento
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Umberto Boccioni è una delle figure più emblematiche dell’avanguardia futurista: la sua arte non solo ha trasformato la percezione visiva della realtà, ma ha anche cercato di penetrare l’anima stessa della modernità. Fra le sue opere più celebri e affascinanti spicca la serie degli Stati d’animo, un ciclo di tre tele che descrive in maniera intensa l’esperienza emozionale e psicologica dell’individuo in relazione all’ambiente ferroviario che lo circonda. Questo gruppo di lavori è una delle manifestazioni più pure e dinamiche del pensiero futurista, e ancora oggi offre una riflessione sulla percezione e sulla condizione umana.

La visione futurista e la nascita degli Stati d’animo di Boccioni

Rompendo con le tradizioni del passato, i futuristi si pongono l’obiettivo di rappresentare il dinamismo della vita moderna, il movimento, la velocità e la tensione della realtà urbana, industriale e tecnologica. In questo contesto, l’artista si distingue per il suo tentativo di non solo rappresentare il movimento esteriore, ma anche di esplorare la dimensione interiore e psicologica del soggetto.

Nel 1911, Boccioni comincia a lavorare sugli Stati d’animo, una serie di dipinti che mettono al centro le emozioni dell’individuo e il loro interagire con lo spazio circostante. L’idea non è più quella di rappresentare una scena statica, ma di catturare la “tensione” del momento, quella forza invisibile che accompagna ogni stato emotivo. La vita, per Boccioni, non è mai ferma; è un continuo fluire di sensazioni, emozioni e percezioni. Le sue opere cercano di tradurre questa fluidità, rifiutando la rappresentazione oggettiva per abbracciare una visione soggettiva e dinamica.

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Gli Stati d’animo di Boccioni rappresentano un tentativo coraggioso e innovativo di fondere il dinamismo della realtà esterna con la complessità del mondo interiore. Il trittico – composto da Gli addii, Quelli che vanno e Quelli che restano – è conservato al Museum of Modern Art di New York, è ciascuna tela è ambientata in una stazione ferroviaria, simbolo del dinamismo e del caos della vita urbana moderna: le tele non sono solo una trasposizione della stazione ferroviaria come luogo fisico, ma un simbolo della condizione umana moderna, dove il dinamismo della vita quotidiana si intreccia con le emozioni più intime e personali. La stazione diventa una metafora della società industriale e della frenesia del progresso, ma anche del continuo processo di separazione, di passaggio e di trasformazione che definisce l’esistenza umana nell’era della modernità.

Gli addii, Quelli che vanno e Quelli che restano

Nel primo dipinto del trittico degli Stati d’animo, Gli addii, Boccioni rende protagonista il movimento frenetico e caotico delle persone poco prima della partenza del treno. L’addio, momento simbolico di separazione e distacco, diventa il fulcro di un’espressione visiva che rompe le convenzioni della rappresentazione tradizionale. Le linee spezzate e le figure distorte esprimono l’emozione del distacco come un movimento che coinvolge l’intero corpo e lo spazio circostante. Le forme frammentate e l’uso delle scie dinamiche non rappresentano solamente il movimento fisico delle persone che si allontanano, ma anche la scissione emotiva che accompagna il gesto del dire addio. Il pittore futurista fa della stazione ferroviaria una metafora del passaggio: l’addio è rappresentato non come un atto fisico, ma come una frattura psicologica che coinvolge sia chi parte che chi resta, in un contesto di incomunicabilità e solitudine.

boccioni stati d'animo addii

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Nel secondo dipinto, Quelli che vanno, Boccioni accentua il concetto di movimento attraverso l’uso di linee oblique che suggeriscono la partenza. Qui il dinamismo si fa ancora più tangibile: la figura di chi parte è sottolineata dalla torsione del corpo e dalle scie di colore che lo seguono, mentre lo spazio circostante sembra essere strappato dal movimento, come se il distacco non fosse mai definitivo. Le linee oblique, che sfidano la staticità del quadro, evocano l’idea di un allontanamento senza ritorno. La partenza, pur mantenendo una certa fluidità visiva, è interpretata come un atto che trasforma la persona in un’entità distaccata dal contesto, mentre l’ambiente sembra prendere vita di fronte alla separazione. Il movimento delle figure, anche in questo caso, si sovrappone all’emozione, dando l’impressione che chi sta partendo non sia solo fisicamente in viaggio, ma stia anche vivendo un cambiamento profondo e irreversibile.

boccioni stati d'animo quelli che vanno

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Nel terzo dipinto, Quelli che restano, il contrasto con i due precedenti è evidente. La composizione è dominata da linee verticali e forme più statiche che rappresentano coloro che rimangono alla stazione. Queste linee verticali non sono solo una scelta formale, ma un segno della staticità e della forza che l’immobilità può assumere. Chi resta non è privo di emozione: la solitudine, la perdita e la riflessione sulla partenza degli altri sono vissute come una tensione immobile, ma altrettanto forte. Boccioni suggerisce che il restare non è una condizione passiva: chi rimane è attraversato da una continua frizione interiore, percependo in maniera profonda il vuoto lasciato da chi se ne va. La stazione, in questo caso, diventa uno spazio di attesa e di riflessione, ma anche di smarrimento. La frattura tra il movimento di chi parte e la staticità di chi resta è resa visivamente con la fermezza delle linee verticali, ma è altrettanto carica di significato emotivo.

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Antonia Cattozzo

Appassionata di qualsiasi forma d'arte deve ancora trovare il suo posto nel mondo, nel frattempo scrive per riordinare i pensieri e comunicare quello che ciò che ha intorno le suscita.

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