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L’Aladdin di Guy Ritchie

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È uscito il 22 maggio nelle sale italiane il live action di uno dei più noti classici Disney degli anni ‘90: Aladdin. Molte scelte su questa produzione cinematografica sono state bizzarre, cominciando dalla decisione di affidare la regia all’eccentrico e meticoloso Guy Ritchie, famoso per film pulp-gangester come Snatch e quindi estraneo al musical e al genere pop action. L’emozionante trailer rivela fin da subito una cromatica delle sequenze che fa della scenografia il pezzo forte della rivisitazione della trama del cartone animato del 1992.

Il film

Il film non rivela colpi di scena eclatanti, ma apporta invece aggiunte emozionanti: infatti, con pochi, ma consistenti cambiamenti alla trama, l’ambientazione araba non subisce nessuna trasformazione. Essa è anzi presentata in tutta la sua conturbante bellezza nella principessa Jasmine e in tutta la forza magica del suo mistero nel personaggio del Genio interpretato con una rinnovata ironia da Will Smith che è chiamato in causa anche come uomo oltre che come creatura magica in quanto voce narrante dell’intera storia. Certo non sentire la voce di Gigi Proietti può far traballare i cuori più sensibili e nostalgici di una infanzia colorata da questo racconto originale ispirato dalle novelle di quell’archivio magmatico di conoscenze e inventiva che è Le Mille e una Notte.

Ne risulta in fondo un film che rispetta la modalità interpretativa che ha originato la storia di Aladdin come la conosciamo: infatti, invece di essere un semplice riadattamento filmico del cartone animato, Aladdin di Guy Ritchie racconta una storia originale che vuole esporre non tanto la vicenda che conosciamo tutti quanto il dopo di quella storia, in un gioco narrativo in cui il racconto e il meta-racconto si completano a vicenda.

Aladdin

Molto meglio delineato rispetto al cartone animato, è il personaggio della principessa, presentata qui come un’abile studiosa di storia e di politica, quasi una statista e un’abile retore. Meglio espressa è anche l’ambizione che ha di diventare lei stessa Sultano di Agraba, motivo per cui, come ricorderete, rifiuta sistematicamente i pretendenti. L’unica nota negativa è, forse, il poco spazio lasciato alle conversazioni tra Aladdin e la principessa Jasmine, ma comunque una mancanza che viene completamente colmata dal plateale finale del live action.

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Lorenzo Pampanini

Classe 1994. Laureato in Scienze Filosofiche all'Università La Sapienza di Roma.

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