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Da dove la vita è perfetta

«Da dove la vita è perfetta»: maternità e dolce ricerca di un lieto fine

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6 minuti di lettura

Tra le voci più interessanti della narrativa italiana contemporanea non si può non citare Silvia Avallone, autrice diventata famosa da giovanissima grazie al romanzo Acciaio (Rizzoli, 2010), vincitore del Premio Campiello Opera Prima.

Silvia Avallone. Da: youreporter.it

Al momento la scrittrice ha all’attivo tre romanzi: il già citato Acciaio, Marina Bellezza (Rizzoli, 2013) e Da dove la vita è perfetta (Rizzoli, 2017). Quest’ultima sua «creatura» così la Avallone ama definire i propri libri è forse la più emozionante, fin dalla prima pagina, su cui campeggia una tenera dedica dell’autrice alla figlia: «Ogni parola bella è per te, Nilde».

Raccontare le maternità

Il tema della maternità è centrale in Da dove la vita è perfetta; o forse sarebbe più corretto parlare delle maternità, al plurale.

Nel romanzo si incrociano due storie profondamente diverse. Da un lato c’è Adele, diciassettenne che rimane incinta per superficialità, ma innamorata di questa figlia in divenire («Bianca. Come le cose bianche. Come le cose pulite e piene di luce») al punto da non sapere se sarà meglio tenerla con sé o farla adottare da una famiglia con tutti i crismi. Da un altro c’è Dora, trent’anni, nata senza una gamba e consumata dall’impossibilità di avere figli, che la fa sentire monca due volte. A queste due esperienze di maternità agli antipodi va aggiunta quella dell’autrice, che racconta di avere scritto il romanzo con la figlia neonata nella fascia.

Da dove la vita è davvero perfetta?

Che cosa significa il titolo, senz’altro poetico, di questo romanzo? È un riferimento a un pensiero che fa Dora a un certo punto, quando ripensa con nostalgia a una panchina su cui si sedeva con la sua amica Serena; da quella panchina la vita sembrava d’un tratto perfetta. Il romanzo, ricchissimo di tematiche e messaggi lanciati al lettore, è anche un inno a luoghi di questo tipo. Che si tratti di una panchina o di una ruota panoramica in una mattina d’inverno, poco importa: tutti portiamo nel cuore il ricordo di luoghi da dove la vita ci è sembrata perfetta. Luoghi che meritano di essere celebrati.

Dove la vita è perfetta
La copertina del romanzo. Da: ibs.it

Un romanzo corale

Da dove la vita è perfetta presenta tutti i marchi di fabbrica dei romanzi di Silvia Avallone. La storia, al solito, comincia in medias res. Nelle prime pagine ci si sente come se si fosse arrivati al cinema con un quarto d’ora di ritardo: subito nel pieno di una vicenda di cui non si sa nulla. Anche questo romanzo, inoltre, è corale, popolato da decine di personaggi che compaiono in scena senza presentarsi ufficialmente al lettore, se così si può dire.

Eppure i personaggi della Avallone vivono di vita propria. L’iniziale spaesamento vale il viaggio e ben presto non solo si capiscono tutti i legami tra una vicenda e l’altra, ma ci si innamora anche dei personaggi, come se fossero persone vere. Forse anche perché, come l’autrice ha dichiarato in più occasioni, per lei tutti i personaggi nati dalla sua penna sono veri. E leggendo sembra in effetti impossibile affermare il contrario. Ci pare di vederli, di sentirne le voci. Si soffre e si ama insieme a loro.

A fare da fil rouge che lega, inconsapevolmente, le storie di Dora e Adele è Zeno, scrittore in erba, alunno della prima e da sempre innamorato della seconda. Innamorato al punto da scrivere un romanzo su di lei. In un certo senso, pur non vivendo l’esperienza della maternità, Zeno è il vero alter ego della Avallone. Lo sguardo di entrambi segue ogni personaggio e ne racconta con icasticità i sentimenti.

Zeno, però, non finisce il libro su Adele. Elimina il file, in un’apparente rinuncia alla letteratura. In realtà, sembra dirci la Avallone, se uno scrittore si limitasse a scrivere, farebbe il suo lavoro solo per metà. È altrettanto importante vivere i sentimenti. Zeno sceglie di vivere, con una pienezza quasi insolita per i suoi diciassette anni, l’amore per una ragazza che porta in grembo la figlia di un altro. Ci piace immaginare che, in un futuro che va oltre l’ultima pagina del libro, Zeno si metterà al computer e finalmente scriverà questa storia.

Dare voce a chi non ne ha

Ancora una volta Silvia Avallone ambienta un suo romanzo nella periferia povera di una città in questo caso, Bologna e dà una voce ai reietti della società. Non racconta il disagio sociale ergendosi su un piedistallo, bensì lasciando parlare direttamente i suoi personaggi. Non c’è mai pietismo nello sguardo del narratore. Da dove la vita è perfetta finisce così con il diventare una storia autentica, come tutte quelle raccontate con umanità.

 

Francesca Cerutti

Classe 1997, laureata in Lingue per l'impresa e specializzata in Traduzione. Sempre alla ricerca di storie che meritino di essere raccontate. Nel 2020 è stato pubblicato il suo romanzo d'esordio, «Noi quattro nel mondo».

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