L’eco-fiction tra dimensione globale e locale

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La letteratura è da sempre un mezzo in cui la realtà si rispecchia, nel tentativo di decifrare il flusso di eventi storici e naturali e cercare nuove prospettive e chiavi di lettura. Non a caso nel corso degli ultimi anni ha preso piede un filone letterario definito nell’ambito della critica e della promozione editoriale come “eco-fiction“. 

Il legame tra letteratura e ambiente non è certo materia narrativa del tutto nuova. La natura, intesa come aspetto del mondo precedente alla civilizzazione o contrapposto ad essa, è inevitabilmente uno degli elementi con i quali i protagonisti delle grandi narrazioni si confrontano più spesso, a partire dai poeti classici fino alla fantascienza classica di Ursula K. LeGuin, passando per il pensiero proto-ecologista di Henry David Thoreau e la denuncia sociale di John Steinbeck.

Se si dovesse dunque identificare una componente di originalità delle opere di eco-fiction degli ultimi anni tale da giustificare questa classificazione, sarebbe senza dubbio la tendenza a mettere al centro delle narrazioni la crisi climatica in corso e l’urgenza di adottare provvedimenti per dare al nostro futuro un seguito meno catastrofico.

Per natura l’eco-fiction si trova in bilico tra realtà e speculazione, tra scienza e distopia: i romanzi che ne fanno parte si contraddistinguono per l’ampio respiro dato alla narrazione e la complessità del già citato rapporto tra uomo e ambiente. Questo filone si incrocia con molteplici altri generi letterari, dalla già menzionata fantascienza alle saghe familiari, passando per varie forme di realismo magico e fabulismo, fino a soluzioni più sperimentali come la narrativa new weird

Un altro elemento sul quale convergono le principali opere di eco-fiction è il sostrato morale su cui si basano le storie, che però non le rende affatto dogmatiche: in generale gli autori sono concordi nel sostenere la necessità di contrastare il cambiamento climatico, anche se le soluzioni proposte variano di molto.