Rimane poco più di un mese per visitare la prima tappa di Etruschi del Novecento, un affascinante progetto espositivo nato dalla collaborazione tra il Mart di Rovereto e la Fondazione Luigi Rovati di Milano. Fino al 16 di marzo le sale del museo roveretano ospiteranno reperti etruschi in dialogo con opere contemporanee. L’esposizione si sposterà poi dal 2 aprile e il 3 agosto nel capoluogo lombardo per reinventarsi e presentare aspetti e opere inediti.
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L’influenza anticlassicista
Etruschi del Novecento si inserisce nel filone di mostre che il Mart ha promosso negli ultimi anni e che confrontano e mettono in dialogo periodi, correnti e artisti lontani nel tempo. Basti pensare alle fortunatissime esposizioni dedicate a Dürer, Klimt e Giotto.
Il progetto espositivo a cavallo tra Trentino e Lombardia si propone di raccontare e celebrare l’influenza che la (ri)scoperta della civiltà e soprattutto dell’arte etrusca ha avuto sugli artisti novecenteschi. A partire dai ritrovamenti archeologici del 1916, sono numerose e importantissime le manifestazioni di interesse, le ricerche, le mostre dedicate a questo popolo lungo tutto il secolo breve, sino ad arrivare al 1985, etichettato come “l’anno degli etruschi”.
La “febbre etrusca” che caratterizza certa arte novecentesca indica, come sottolineato da Presidente del Mart Vittorio Sgarbi, un percorso espressionistico e non classico, come invece saremmo portati a credere. L’arte etrusca, e ancora di più ciò che poi ne deriva, possiede un’estetica della deformazione che attraversa il tempo e colpisce tutti quegli artisti che si oppongono al ritorno all’ordine classico di inizio Novecento. E sono gli stessi archeologi a evidenziare la lontananza degli etruschi dalla classicità, sottolineando la carnosità dei corpi, l’assenza quasi totale di attenzione e ricerca anatomica, i “volti grossolani e sgraziati” ma dai toni mirabilmente vigorosi che caratterizzano le loro figure. I confronti proposti in mostra non si limitano agli aspetti stilistici o alle somiglianze, ma si basano su documenti e dichiarazioni degli artisti stessi. Questi ultimi entrarono in contatto diretto con l’arte etrusca grazie, come detto, a numerose iniziative promosse per la scoperta e lo studio di quel popolo e dei suoi manufatti. Addirittura venivano organizzati dei cosiddetti “tour etruschi” per visitare musei e zone archeologiche. Gli artisti scrissero, studiarono e si dedicarono con entusiasmo e passione alle “etruscherie”.
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L’arte visiva dialoga, come spesso accade in questo genere di mostre, con le arti applicate e grafiche. Tutto documenta il ritorno di forme, tecniche, materiali, in un senso generale di fascinazione che non ha lasciato indifferenti artisti del calibro di Arturo Martini, Pablo Picasso, Michelangelo Pistoletto, Alberto e Diego Giacometti, Andy Warhol, Gio Ponti, Mario Schifano. Lo stile sintetico ed espressivo dell’arte etrusca si contrappone alla classicità greca e romana e viene sviluppato in modo profondamente personale, più o meno diretto, da ogni artista. Pittori e scultori sono attratti da capolavori come la Chimera di Arezzo o l’Apollo di Veio, dalle urne di Volterra, dalle pitture murali di Tarquinia ricche di dettagli e colori caldi.
Un tour etrusco contemporaneo
Il progetto Etruschi del Novecento è frutto di un team curatoriale che vede collaborare tre storiche dell’arte, Lucia Mannini, Anna Mazozanti e Alessia Tiddia, e un etruscologo, Giulio Paolucci. Le due mostre sono il punto centrale di un insieme di appuntamenti, come presentazioni, conferenze, proiezioni, visite guidate, che stanno andando a dare vita a una sorta di “tour etrusco” contemporaneo.
Le oltre duecento opere esposte provengono da prestigiose collezioni pubbliche, tra le quali la Galleria Nazionale di Roma, Ca’ Pesaro, la Peggy Guggenheim e lo Stedelijk Museum di Amsterdam; ma anche da collezioni private e fondazioni. Non manca, come è logico, l’apporto di importanti musei archeologici, primo tra tutti il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Numerose anche le opere appartenenti ai patrimoni degli organizzatori del progetto, il Mart e la Fondazione Luigi Rovati.
Se un tema centrale come l’archeologia etrusca può spaventare, o peggio, annoiare idealmente gli appassionati di arte contemporanea, corre certamente in soccorso l’allestimento. Quest’ultimo, progettato da Officina delle idee (Torino), si presenta coinvolgente e scenografico, mai monotono e capace di creare un impatto non scontato. La convivenza tra reperti archeologici, documenti, fotografie, oggetti artigianali, dipinti e sculture spesso non è semplice, ma se orchestrata sapientemente permette livelli di lettura e interpretazione decisamente innovativi e intriganti.
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