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Eva (1912-1945)

«Eva (1912-1945)»: la quotidianità straziante dell’amante di Hitler

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La parola lascia il segno

Le parole hanno la capacità di significare qualcosa, che sia concreto o astratto.

Tuttavia, tale potenzialità può non trovare espressione: non tanto perché la parola venga sostituita dal silenzio, – suo pari più che suo contrario- bensì perché tale valore significativo viene frainteso e ricercato come corrispondenza tra la parola stessa e qualcosa d’altro.

La parola viene malauguratamente concepita come una freccia indirizzata per sua natura in un punto preciso. Le parole non sono segni indicatori, bensì significanti, ovvero tali da produrre un segno, (dal latino significare composto di signum, segno e facere, fare), una traccia.

La traccia della parola

Le vocali danno voce così che nella parola vi possano essere lettere consonanti, che possano suonare insieme, che consonino appunto.

La parola non indica la strada da percorrere verso un proprio corrispondente, bensì è essa stessa il solco da percorrere.

Riprova ne è la possibilità di parlare, di utilizzare le parole, come calzari che imprimono orme visibili nel cammino di chi decide di servirsene. La parola ha un corpo, non è avulsa, ma strettamente legata a chi ne fa uso; che sia scritta o parlata, è la voce di chi la sceglie.

Vestirsi di parole

L’ascolto permette di riscoprire la natura permeante della parola, in grado di imprimersi e lasciare un segno, così come la possibilità di osservare direttamente chi parla consente di cogliere la pienezza sostanziale della parola stessa.

Parlare è un’azione abituale in quanto è l’habitus di ognuno; d’altro canto il silenzio è lo spazio necessario che dà risalto alla parola stessa, il sottile strato d’aria tra la pelle e il vestito, l’imprescindibile linea di demarcazione che concede respiro al corpo così che possa accogliere su di sé il parlare senza esserne soffocato.

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Le parole si indossano e sono visibilmente conformi o meno. Tanto un abito troppo stretto non si addice a una corporatura robusto, quanto una parola rischia di rendere inappropriata una persona, come se le si stringesse addosso, deformandola.

Ascoltare la parola, vederne il significato

Il significato delle parole in primo luogo si tradisce sul corpo di chi parla, l’impalpabilità della voce trova riscontro nella fisicità plastica del parlante.

Il corpo d’altro canto aiuta la parola, con gesti, movenze e comportamenti, rinsaldandola, ancorandola alla concretezza viva che le appartiene.

Per cogliere l’incarnarsi della parola e il parlare della carne è necessario poter osservare chi parla, porsi alla giusta distanza, disporre del tempo senza che l’incessante bisogno di fare s’imponga e trasformi l’ascolto nella mera ricezione di informazioni sfuggenti.

Lo spazio fisico della parola

Riscoprire la dimensione dell’ascolto permette di vivere la profondità del segno che la parola crea.

Nonostante l’accelerazione quotidiana si ponga spesso come nemica della quiete necessaria per tale consapevolezza, la realtà parallela dell’arte si propone come efficace rimedio, in grado di creare uno spazio altro, immaginario in cui è possibile concedersi l’opportunità di vedere il corpo delle parole e divenire consapevoli della verità come una parola vissuta pienamente da chi la parla.

L’arte teatrale si offre ai suoi fruitori come possibilità di riscoprire parole vere, poiché vissute nel binomio inscindibile di voce e corpo dell’attore che diviene personaggio durante la messa in scena.

Signora Parola

La straordinaria capacità attoriale di Federica Fracassi si presta a vivere pienamente le parole da Innamorate dello Spavento di Massimo Sgorbani di Eva Braun, nella ferocia sensualità di Eva (1912-1945), una produzione del Teatro I dalla regia di Renzo Martinelli con la drammaturga Francesca Garolla in tournée a MTM Teatro Litta – sala Cavallerizza dal 22 al 27 ottobre.

Il corpo femminile della protagonista dà voce all’intimità intellettuale ed emotiva di una donna tormentata, follemente innamorata del Führer, ma padrona, domina tanto delle proprie parole, quanto delle proprie membra.

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La passione amorosa si incarna nella quotidianità straziante delle attese, in compagnia del pastore tedesco di Hitler, Blondi, i ricordi della vita prebellica e delle confidenze di una giovane che rivive la propria storia d’amore attraverso il filtro immaginifico del proprio film preferito, Via con il vento.

La Parola è Donna

La potenza del monologo si amplifica nelle risposte di una Mami immaginaria, eco delle proprie paure, addolcite dai consigli auspicabili ma assenti, frutto della frustrazione impostale dalla solitudine.

Il corpo è il luogo dello scontro della volontà e della ragione, che lentamente si affievolisce, lasciandosi invorticare dal turbinio frenetico della passione, sino a spingerla a un matrimonio imminente al suicidio.

La recitazione è lo strumento artistico che consente di mettere in luce la natura significante delle parole, tanto da non poter distinguere l’azione dal discorso in quanto partecipi del medesimo luogo: la vivida sensualità di una donna, davanti allo sguardo pensante degli spettatori estasiati.

Anastasia Ciocca

Instancabile sognatrice dal 1995, dopo il soggiorno universitario triennale nella Capitale, termina gli studi filosofici a Milano, dove vive la passione per il teatro, sperimentandone le infinite possibilità: spettatrice per diletto, critica all’occasione, autrice come aspirazione presente e futura.