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Censura

Instagram ha censurato una foto contro Erdogan

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«Instagram ha censurato questa foto del corteo di Bologna contro la guerra in Siria del Nord», scrive su Twitter Michele Lapini, fotografo freelance con base a Bologna. La foto sarebbe stata rimossa per «violenza o organizzazioni pericolose».

Censurato anche «Binxêt»

Già sabato, alle ore 15, Facebook ha oscurato la pagina del documentario di Luigi D’Alife Binxêt – sotto il confine (con voce narrante di Elio Germano) che fornisce aggiornamenti continui sulla guerra della Turchia nella Siria del Nord.
Il regista scrive su Facebook: «Da ieri Facebook ha oscurato la pagina di Binxêt – Sotto il confine che da sempre utilizzavo come mezzo di contro-informazione, puntuale e preciso, rispetto quanto avveniva in Kurdistan ed in particolare sul confine turco-siriano.
Di fatto non so neanche il motivo dell’oscuramento, visto che i contenuti che “avrebbero violato gli standard della comunità” non si possono visualizzare.
Quasi certamente i motivi che hanno portato all’oscuramento sono dovuti alla segnalazione in massa di decine di troll turchi che in questi giorni stanno agendo sui maggiori social network, in particolare Facebook e Twitter.
Nell’attesa di riuscire a ripristinare il tutto (lo spero!) insieme a OpenDDB (Distribuzioni dal Basso) stiamo mettendo su una pagina per continuare gli aggiornamenti.»

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La dolcificazione dell’algoritmo

La politica adottata dai vari social network (Facebook, YouTube, Instagram) che utilizzano algoritmi per poter monitorare ed eliminare post, status o video con contenuti violenti e scorretti, sta mostrando le sue lacune. Tecnologicamente, questo è certo, col tempo miglioreranno la mira. Ed è altrettanto chiaro che lamentarsi delle norme, per quanto stringenti, di un’azienda privata sia assurdo. Essa, nei limiti delle leggi, si autoregola e regola ciò che sulla sua piattaforma può essere pubblicato. Cionondimeno bisogna constatare che i social network sono un nuovo spazio di sviluppo e diffusione della libertà di parola: si è messa in mano a delle aziende private una libertà politica e individuale, facendo sì che doppiamente la libertà di espressione venga normata, ora dalle leggi, ora dalle norme della community. Questo appropriarsi dello spazio destinato alla libertà di espressione da parte di aziende private, che con piattaforme operano alla diffusione delle opinioni, espropria di un’autentica libertà di parola il cittadino. Il politicizzarsi delle aziende è pericoloso, in quanto innesta nello spazio democratico un potere non democratico ed economico, avvicinando sempre più la nostra democrazia già malata in una postdemocrazia.

Mattia Brambilla

Sono laureato in filosofia presso l'Università degli Studi di Milano; amo il pensiero e le lettere, scrivo e mi diletto con gli scacchi.