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La bellezza del somaro
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«La bellezza del somaro»: il tragicomico nell’uomo

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10 minuti di lettura

Un lavoro a quattro mani

La bellezza del Somaro (2010) ha molte cose particolari che meritano di essere messe in luce ancor prima di passare a consideralo proprio come un prodotto cinematografico qualsiasi.

Prima cosa importante, si tratta di una storia scritta in forma di romanzo e poi riadattata per il cinema. Ma questo non stupirà. Ciò che è davvero degno di interesse è che la scrittrice di questa storia è Margaret Mazzantini, moglie di Sergio Castellitto, regista del riadattamento cinematografico del romanzo. 

Ora, due cose da considerare in merito a questo lavoro di coniugazione coniugale, per così dire, che interfaccia due generi artistici tra i più apprezzati (la letteratura e il cinema).

La prima è che i due autori sono innanzitutto una coppia di innamorati che vivono insieme una vita quotidiana comune. Ciò significa, rispetto ai loro prodotti artistici, che questi ultimi sono frutto già di una reciproca influenza dell’uno sull’altro garantita dalla vita trascorsa insieme da i due coniugi. È già un lavoro in cui l’altro è presente, sia il romanzo da una parte che il montaggio scenico del film dall’altra. 

L’altro aspetto degno di nota de La bellezza del somaro è che il prodotto cinematografico non avrebbe una storia senza il romanzo, così il romanzo non avrebbe una configurazione realistica, attiva e teatrale, quindi vitale, della storia che lo costituisce, senza il film.

Quest’ultimo aspetto la dice lunga sul legame coniugale e anche sull’amore tra due persone, cose che fanno pensare ben al di là del semplice dato di fatto contingente che lei è una scrittrice e lui un attore/regista. 

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Una commedia tragicomica

Detto questo entriamo nel merito della storia de La bellezza del somaro raccontata dal montaggio del film, lasciando da parte il riferimento al romanzo. A noi interessa il contenuto della storia così come viene narrato dal montaggio filmico delle vicende.

C’è da dire che La bellezza del somaro è stato definito appartenente al genere della Commedia. In realtà il film ha una struttura e un tono goliardico e tragicomico più che quelli che appartengono alla solita commedia all’italiana a cui siamo abituati.

Il film è senz’altro un’esortazione a prendere sul serio un tipo di narrazione assolutamente oggettiva e speculare delle vicende in cui, in luogo della più consueta voce narrante di un narratore omodiegetico e onnisciente, troviamo vigere il detto «mostrare, più che dire». 

Non molto viene lasciato intendere, tutto ne La bellezza del somaro risulta una magnifica orchestrazione stravagante, come se si cercasse di mescolare i ritmi e le melodie di un concerto di musica classica con quelli del jazz tradizionale.

Vediamo un mix esplosivo di personaggi radunati in un microcosmo (sorta di eterotopia bucolica – una villa nella campagna in Toscana) in cui la vita prende il sopravvento in una convivenza che giustamente a un certo punto, proprio dal padrone di casa, viene paragonata al ritorno di Odisseo a Itaca,
«la casa in mano ai Proci!».

Ogni cosa sembra essere così auto-evidente, anche se, per le ragioni che stiamo per vedere, la storia de La bellezza del somaroè intrisa del più arrovellato simbolismo. 

La bellezza del somaro

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Il sesso e il simbolico 

Il sesso, inteso però nel suo significato profondo di impulso libidinoso, è il primo e più forte simbolo del film. I frequenti rimandi a Lacan, senza risultare eruditi, vogliono piuttosto significare ciò che viene poi in effetti solo mostrato: la mancanza di controllo sulle situazioni; l’essere in balia – anche se non del tutto – del corso degli eventi.

Una radicata morale borghese un po’ sessuofoba un po’ cortesemente tollerante e in modo convenzionale rispettosa dell’humanitas dell’altro si mescola alla follia psicotica che esplode come crisi di nervi nei personaggi maturi, quelli sulla cinquantina.

Ne La bellezza del somaro non sono presenti, però, scene di sesso e questo fatto non è casuale, ma fa parte del simbolismo legato alla sessualità che viene veicolato nelle vicende della storia. Appaiono dei preservati, delle pillole blu, ma è solo un gioco di ombre e di effetti volti a smascherare quanto sia la nostra psiche a risultare davvero deleteria per le nostre vite, più dei fatti stessi che le animano. 

La bellezza del somaro

Psicologia dei personaggi: il bambino e l’anziano

In questo concerto fushion della socialità intergenerazionale la psicologia dei personaggi è centrale, lo indica immediatamente la presenza di due pazienti psicotici presenti nella grande cornice delle vicende come personaggi minori, ma non secondari.

L’idea della maturità necessaria ad educare viene smantellata e mostrata nei suoi tratti più tragicomici. Infatti sono presenti due generazioni a confronto, quella degli adolescenti e quella dei loro genitori di mezza età,  più un solo bambino e un due persone anziane. 

Il fallimento educativo non concerne i figli, le colpe non sono dei padri e delle madri, il fallimento educativo sembra essere antropogenetico o quantomeno culturale.

Nell’affresco dinamico degli eventi i personaggi non fanno altro che mostrare chi essi sono. Il bambino e l’uomo anziano sembrano spettatori attenti e imperturbabili delle vicende del mondo. Un legame quello tra infanzia e anzianità che viene riproposto in un modo molto dolce che desta meraviglia.

I due personaggi non interagiscono mai tra di loro, ma l’ingenuità è ciò che li accomuna. Ingenuità che viene da una parte associata all’immaturità di chi ancora solo osserva per conoscere e capire (il bambino) e dall’altra viene intesa invece come la maturità di chi ha osservato e capito molto (l’anziano)

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Maturità tragicomica

Il tema della maturità è anch’esso fondamentale per chiarire il lato tragicomico nell’essere umano. I genitori di Rosa sembrano sentirsi in colpa per non essere abbastanza maturi, comportandosi cosi in modo non diverso da quello di Rosa stessa che non si sente più matura degli altri, ma semplicemente matura.

Ora invece l’atteggiamento di Armando (l’uomo anziano) è autenticamente maturo, profondamente ingenuo, giocoso e serio, ma soprattutto dotato di quella leggerezza che da sola può consistere la quiete necessaria per comprendere davvero l’humanitas altrui. 

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La bellezza del somaro è una lezione di vita nel senso greco del termine. La tragedia e la commedia partorivano nello spettatore i medesimi effetti che suscita in noi oggi questo film. Il tragico di non rendersi conto e il comico del fallimento che diventa esso stesso ingenuità e inconsapevolezza.

Le linee guida della tragedia e della commedia sono rispettate in quel senso che dice Martha Nussbaum parlando dell’episodio delle Troiane di Euripide, in cui accade che lo spettatore si rende conto di profonde verità antropologiche come quella per cui «troppo spesso il popolo delibera sul destino di altri senza avere una chiara rappresentazione della loro realtà umana» e per questo film come per gli antichi drammi teatrali greci, 

«gli spettacoli, sia tragici che comici, erano giudicati per il loro messaggio oltre che per lo stile, e l’accento era posto sulla riflessione civica e la valenza educativa» 

cfr. Martha Nussbaum, Emozioni Politiche, Il Mulino, 2014, pp. 314-15

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Lorenzo Pampanini

Classe 1994. Laureato in Scienze Filosofiche all'Università La Sapienza di Roma.

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