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La vedova scaltra

«La vedova scaltra»: la vita diventa un gioco comico

Il tutto comincia in una locanda della meravigliosa ed affascinante Venezia. Quattro pretendenti di nazionalità diversa, ma tutti benestanti affascinati dalla bella e forse “inarrivabile” Rosaura. La vedova … Scaltra!

8 minuti di lettura

Il corteggiamento come riscoperta ironica

Prendere atto di come alcuni comportamenti siano ormai passati, sfuggiti alla consuetudine, sorpassati dal correre dei secoli, trasformati e deformati dal cambiamento, invita all’ironia, al distacco disincantato per poi potersene riappropriare, come se la lontananza permettesse di vedere meglio, così che riflettere sia una conseguenza resa possibile dal cessare dell’immedesimazione. Osservando con attenzione, un particolare  rapportarsi all’altro come il corteggiare, sembra ormai solo un termine per di più scomparso anche dal vocabolario abitudinario, almeno nella sua accezione originaria, un fare la corte, un atteggiarsi come presso una residenza regale. Il corteggiamento ci suggerisce un modo di comportarsi, un vero e proprio inscenare una situazione per poter avvicinarsi alla donna amata.

Il gioco della relazione: imparare a corteggiare

Sebbene certe modalità di relazione siano il correlato di epoche, il corteggiamento ci invita a pensare alla relazione come prassi costruita ad hoc, in un gioco delle parti rovesciato, dove sul trono governa una seducente regina; chi domina nella corte è donna, attraente figura attorno a cui ruota l’innamorato, così che si instauri una dinamica ribaltata, arguta e divertente, un gioco insolente perché insolito rispetto alla consuetudine sociale di un potere sempre maschile. Nel corteggiamento la donna diviene caratteristica, è lei che imprime il carattere dell’azione, conducendo a sé il pretendente. Situazione di comicità seducente, forse per questo scelta dal grande inventore della commedia di carattere, Carlo Goldoni, che per primo configurò la scena teatrale come palcoscenico in grado di offrire personaggi esemplari senza semplificarli, senza ridurli a semplici maschere, come ne La vedova scaltra.

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Al Teatro Carcano dal 12 al 22 aprile, La vedova scaltra con la regia di Gianluca Guidi, riesce a coniugare il modo peculiare del l’innovazione tecnica e drammaturgica goldoniana nel tempo di una tematica consueta, come il corteggiamento nella società veneziana di metà Settecento, offrendo una commedia arguta e divertente.

La comicità della vita nella realtà del teatro

La commedia viene riscoperta come meccanismo intricato e intrigante di vicende quotidiane: tra i canali di Venezia si destreggiano quattro audaci pretendenti (Fabio Ferrari, Riccardo Bocci, Matteo Guma e Giuseppe Zeno) che tentano a modo proprio di conquistare l’elegante vedova Rosaura ( Francesca Inaudi), un personaggio femminile interessante, mai banale, figura di una donna intelligente che costruisce da sé il proprio destino, in segno di un’ autonomia attiva, mai rivendicata in maniera pretenziosa ma vissuta con curiosa semplicità. Nella vicenda incalzante tra uomo e donna sembra instaurarsi un carnevale continuo: l’uomo attua una strategia propria che si confà alle proprie inclinazioni, ma sembra inevitabilmente costruire la propria parte.

La realtà della maschera nel carattere personale

Fondamentale in La vedova scaltra è la maschera di Arlecchino (Andrea Coppone), proiezione di ogni innamorato che si cela dietro a meccanismi inutili, in quanto inadatti alla sincera vivacità di Rosaura, come se nell’atto del corteggiamento l’unica regola sia essere se stessi, con meriti e difetti che costruiscono ciò che è carattere di ognuno. Nella finzione ci si riscopre autentici, tanto che le facezie di Arlecchino  si rivelano delle buffe complicazioni: la maschera  è la creazione di ognuno, ma scompare gradualmente per far prevalere la sincerità del personaggio, tanto che Arlecchino recita una parte che si dipana per tutta la vicenda senza mai definirsi, avvolgendo i personaggi attraverso l’esecuzione di ordini impartiti, per poi svanire e identificarsi con il personaggio stesso che vincerà la sfida del corteggiamento. Nel gioco la propria parte deve essere recitata in prima persona: l’abilità sorprendente di Arlecchino  diventa prototipo arguto dell’invenzione, della trovata, del motto di spirito che lentamente sparisce perché troppo affettato, e la rivoluzione goldoniana risolve la maschera nel carattere del personaggio, in cui la cifra vincente sta nel togliere la maschera, tanto che l’unica altra maschera in scena (Massimiliano Giovannetti, nel ruolo di Pantalone) sarà destinata a soccombere rispetto all’umanità degli altri personaggi.

La dinamica comica come vita

La macchina teatrale si costruisce come una perfetta matrioska del gioco, le passioni umane sono inscenate nella loro semplicità attraverso il duplice meccanismo comico di attori che in maniera precisa rimangono in equilibrio sulla rottura della quarta parete, coinvolgendo il pubblico nell’atmosfera  elegante della laguna veneziana, svincolandosi d’altra parte dalla mera parte recitata in quanto ricomposti in un totale universale della dinamica del corteggiamento, come gioco di arguzia che richiede una semplice naturalezza. Le vicende si incastrano perfettamente facendo combaciare la particolarità della trama comica nella generale dinamica delle vicende umane, attraverso una sagacia che con un’eleganza  seducente, tutta al femminile e un’ironia sorridente, di accurata delicatezza, punta il riflettore sul ruolo sociale femminile grazie al teatro come gioco di ruoli per eccellenza.

La vicenda di La vedova scaltra si svincola dunque dalla contingenza e intende direttamente lo scopo delle stesse opere goldoniane, un divertimento sempre illuminante, sempre teso a un giovamento che porti a riflettere nelle profondità delle relazioni sociali con la leggerezza della battuta comica: la commedia diviene quindi una perfetta strategia di rappresentazione, nella dinamica precaria sempre in tensione, di ironico distacco e passionale avvicinamento, così che lo spettatore sia contemporaneamente attore sulla scena rispetto alle proprie passioni e sentimenti, sempre agite e mai subite,  perché messe in scena con particolare maestria, in un gioco di identificazione che non riduce le differenze ma le mostra nel loro variopinto succedersi nella quotidianità, in un rispecchiamento che non appiattisce in una bidimensionalità del vedere,  ma coinvolge nella comica curvatura di un sorriso sagace.

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Anastasia Ciocca

Instancabile sognatrice dal 1995, dopo il soggiorno universitario triennale nella Capitale, termina gli studi filosofici a Milano, dove vive la passione per il teatro, sperimentandone le infinite possibilità: spettatrice per diletto, critica all’occasione, autrice come aspirazione presente e futura.

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