«Chi si scandalizza è sempre banale: ma, aggiungo, è anche sempre male informato». Questa è la celebre frase che uno degli intellettuali più “scandalosi” di sempre, Pier Paolo Pasolini, scriveva nelle Lettere Luterane per difendersi dalle varie accuse che gli furono rivolte contro, una tra tutte quella di “oscenità”. Lo stesso tipo di accusa venne mossa anche al capolavoro di Gustave Flaubert, in seguito messo all’indice, Madame Bovary, che parve turbare la sensibilità morale dei benpensanti il 15 dicembre 1856, giorno in cui venne alla luce nella sua prima edizione.
Congiunzioni astrali
È importante sottolineare che l’opera venne pubblicata il 15 dicembre dal momento che, per uno strano scherzo del destino e di bizzarre “congiunzioni astrali”, il 12 dicembre 1821, esattamente 200 anni fa, e 3 giorni prima della pubblicazione dell’opera, nasceva in Francia l’autore del romanzo, ricordato anche per aver gridato: «Madame Bovary c’est moi!» («Madame Bovary sono io!») contro i bigotti e moralisti, vittime di una cultura borghese fondata sull’ipocrisia e sui convenevoli sociali.
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Se leggessimo oggi Madame Bovary ci apparirebbe tutt’altro che un’opera spregiudicata e scandalosa nel suo tema principale: una donna che tradisce il marito. Tuttavia, Emma Bovary non manca anche adesso di destare nel lettore sentimenti negativi che vanno dal disprezzo, per i tradimenti ripetuti nel tempo, fino all’odio vero e proprio per una donna che cerca a tutti i costi di appagare i suoi desideri a discapito non solo del marito noioso ma certamente un “brav’uomo”, ma soprattutto nei confronti della sua unica figlia abbandonata alle cure della balia.
Il caso Declamare
A quanto pare, però, il romanzo sembrerebbe ispirarsi ad un fatto di cronaca del tempo: il caso Delamare, in cui Delphine Couturier Delamare viene trovata suicida a causa dei molti debiti accumulati e, in seguito alla sua morte e al ritrovamento di alcune lettere, il marito scopre i vari tradimenti della moglie. Tuttavia, come la stessa Dacia Maraini scrive nel suo testo Cercando Emma, Bovary moglie non è l’incarnazione letteraria della suicida Delamare ma sembrerebbe rispondere sia alle caratteristiche di un’amica di Flaubert, Louise, con cui il romanziere era solito scambiarsi lettere su lettere, sia a Flaubert stesso. Di Louise, a quanto pare, Emma possederebbe la stessa femminilità morbida e seducente, così come il disamore per sé stessa; mentre di Flaubert la parte maschile «nella sua smania di indipendenza, nel suo spirito bellicoso, nella sua aggressività a faccia scoperta».
Desiderio
Sono tanti gli aggettivi e le similitudini che Flaubert usa per descrivere la sua amata/odiata protagonista. Fin dalle prime pagine, infatti, Emma viene rappresentata ora come quei “cavalli troppo imbrigliati”, ora come “i marinai che si sentono perduti” a causa di un malessere ineffabile e inesprimibile, sentimenti che accompagneranno la donna, così come lo scrittore, per il resto dei suoi giorni. Non è un caso se Jules de Gualtier, coniando il termine “bovarismo”, lo definisce come «una condizione di insoddisfazione perenne che trova la sua causa nel desiderio smanioso di evasione dalla realtà». In altri termini, si potrebbe azzardare ad affermare che Emma Bovary sia “malata di desiderio”.
Di questa sorta di “malattia del desiderare” è, ancora una volta, Flaubert a chiarircene il significato grazie ad una lettera scritta da lui il 7 dicembre 1846:
È penoso ma sono sempre stato così: desidero continuamente quello che non ho, e non so godere quando ce l’ho, e così mi affliggo e mi spavento dei mali che verranno […] Se ti perdessi diventerei pazzo. Così succede nell’incoerente incoerenza del cuore umano, nella natura dell’uomo. E io sono proprio un uomo, un uomo nel senso più volgare e più vero della parola, benché nella prevenzione del tuo amore tu mi creda qualcosa di più elevato.
Grazie a queste parole, è molto più semplice comprendere la natura della protagonista e, in una certa misura, provare a giustificarla. Emma, infatti, ci appare come vittima di sé stessa, ovvero della sua tendenza patologica a desiderare. A questo punto, però, una domanda sorge spontanea: cosa desidera esattamente Madame Bovary?
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Le donne illustri o sfortunate
A quanto pare Emma desidera struggentemente le vite delle protagoniste dei romanzi che legge fin dalla sua prima giovinezza amando «le donne illustri o sfortunate, come Giovanna d’Arco, Eloisa, Agnès Sorel, la bella Ferronière, Clemence Isaura, per lei queste donne si levano come delle comete nella immensità tenebrosa della storia». Tuttavia, provando ad imitare le vite delle sue eroine, ovvero provando a “sognare di essere l’altro” come direbbe Sartre, la donna non è più in grado di distinguere il piano della realtà da quello della finzione, il sentimento sincero da quello recitato e il prezzo che pagherà per tutto ciò sarà proprio la vita.
Emma Bovary, infatti, arriverà a togliersi la vita tra sofferenze atroci e sotto lo sguardo eternamente clemente e innamorato di suo marito ma pur sempre circondata dal disprezzo generale. Eppure, se c’è una cosa che sembra insegnarci Flaubert con questo romanzo è quella di non temere di guardare dritto fino alla vera natura dell’uomo e capire che se davvero c’è qualcosa da condannare è proprio la tendenza accusatoria di chi riesce a “tirare la prima pietra” senza riuscire a gridare «Madame Bovary c’est moi!».
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Immagine di copertina: Giovane donna in barca, James Tissot, 1870.