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Henri Matisse, «Luxe, calme et volupté», 1904. Olio su tela, 98,5 x 118,5 cm. Parigi, Musée d’Orsay. Foto da Wikipedia

Matisse e il paradiso sognato da Baudelaire

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Camminando per le sale del Musée d’Orsay, a Parigi, ci si potrebbe incantare davanti a una tela di Henri Matisse (1869-1954), padre del Fauvismo. Si tratta di un’opera che è nel contempo omaggio a un pittore coevo a Matisse, Paul Signac (1863-1935), che con Georges Seurat (1859-1891) inaugurò la corrente del Divisionismo, e a un poeta attivo mezzo secolo prima, il grandissimo Charles Baudelaire (1821-1867). Stiamo parlando di Luxe, calme et volupté, noto anche con il suo nome italiano Lusso, calma e voluttà.

Henri Matisse, «Luxe, calme et volupté»
Henri Matisse, «Luxe, calme et volupté», 1904. Olio su tela, 98,5 x 118,5 cm. Parigi, Musée d’Orsay. Foto da Wikipedia

Un picnic più che divisionista

Il riferimento a Signac è evidente non appena si guarda il quadro: anche Matisse ci regala un’opera dal sapore divisionista, in cui tutto nasce da pennellate piccolissime, che sembrano quasi dei puntini. Puntino dopo puntino, si crea un’immagine ben precisa: un picnic sul prato, tematica rappresentata molto spesso dai divisionisti. L’opera di Matisse, però, va oltre il Divisionismo. Sebbene la tecnica sia molto simile, ci si accorge immediatamente che i colori non sono realistici. Ci si trova davanti a un mondo già espressionista, a tinte accese, un mondo sognato che non può esistere nella realtà.

L’omaggio al Simbolismo

Altro amico e maestro di Matisse fu Gustave Moreau (1826-1898), massimo esponente del Simbolismo pittorico in Francia. Quale modo migliore per rendere omaggio a questa corrente se non rappresentare in pittura una delle poesie più belle del Simbolismo letterario? Il titolo del quadro di Matisse, infatti, rimanda a uno splendido componimento di Baudelaire, L’invitation au voyage (o L’invito al viaggio che dir si voglia), contenuto nella celebre raccolta Les Fleurs du Mal.

Mon enfant, ma sœur, songe à la douceur…

Nella sua poesia, Baudelaire invita la donna amata a partire per un viaggio in un paese sognato, un paese somigliante alla donna, nel quale ci si può amare fino alla morte. Nella prima strofa ritroviamo il vero e proprio invito da parte del poeta, che paragona i «cieli imbronciati» del paese agli occhi traditori dell’amata, in cui brillano delle lacrime. La seconda strofa è dedicata alla descrizione della casa in cui Baudelaire sogna di vivere con l’amata, un’abitazione dai mobili lucenti, i fiori profumati, con splendidi soffitti e specchi profondi che accoglieranno il riflesso degli amanti. La terza e ultima strofa, infine, è incentrata sul paesaggio che circonda la casa degli amanti. È proprio questa strofa l’ispirazione per il quadro di Matisse.

Là, tout n’est qu’ordre et beauté, / Luxe, calme et volupté.

Nell’ultima strofa scopriamo che il mondo immaginato da Baudelaire è illuminato da una luce calda, merito dei bellissimi tramonti che cullano il paesaggio prima che questo soccomba al sonno. Ritroviamo la stessa luce calda nel quadro di Matisse, in cui, malgrado le tinte accese, si riconosce la dolcezza di un tramonto. Stiamo assistendo alla fine di una giornata felice in un mondo incantato. È il tentativo di rendere in qualche modo concreto un mondo che non può esistere veramente, in cui regnano l’ordine e la bellezza, come ripete Baudelaire per ben tre volte nella sua poesia. Da quest’ordine e questa bellezza nascono il lusso, la calma e la voluttà che danno il titolo al quadro di Matisse. La calma placida dopo un pomeriggio felice, la voluttà degli amanti pronti a fare ritorno nella loro casa lussuosa, «dai vaghi sentori d’ambra». Se si volesse aggiungere un quarto elemento, probabilmente sarebbe lo stupore di fronte alla maestria con cui Matisse trasporta l’osservatore, grazie alle sue pennellate piccolissime, nel mondo magico che questi aveva già scoperto con le parole di Baudelaire. Siamo davanti al momento in cui poesia e pittura si fondono l’una nell’altra. Nel segno del lusso, della calma e della voluttà.

Francesca Cerutti

Classe 1997, laureata in Lingue per l'impresa e specializzata in Traduzione. Sempre alla ricerca di storie che meritino di essere raccontate. Nel 2020 è stato pubblicato il suo romanzo d'esordio, «Noi quattro nel mondo».

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