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«Renoir – oltraggio e seduzione»: il cinema interroga l’arte

Il fascino che avvolge le opere dell'artista ancora oggi ci fa interrogare sul vero significato di questa ossessiva produzione di nudi. Che cosa ci mostra il vincente esperimento cinematografico di Phil Grabsky?

9 minuti di lettura

Dopo L’Accademia Carrara – il museo riscoperto e Goya – visioni di carne e sangue la rassegna La grande arte al cinema, in programmazione in numerose sale italiane, continua il suo audace e affascinante percorso (prossimi appuntamenti: Instanbul e Il museo dell’innocenza di Pamuk il 3-4 maggio e Da Monet a Matisse – l’arte di dipingere giardini il 24-25 maggio), con un inedito ritratto di uno degli impressionisti più amati e forse più controversi della storia: Pierre-Auguste Renoir (1841-1919). Renoir – oltraggio e seduzione è prodotto da Nexo Digital e diretto da Phil Grabsky. Il film, proiettato il 22 e 23 marzo scorsi, si inserisce in un progetto culturale ancora più ampio che quest’anno ha approfondito i numerosi aspetti e sfumature della personalità dell’impressionista originario di Limoges.

Il regista Phil Grabsky con La colazione dei canottieri di Pierre-Auguste Renoir - fonte: www.theguardian.com
Il regista Phil Grabsky con La colazione dei canottieri di Pierre-Auguste Renoir – fonte: www.theguardian.com

In occasione della recente riedizione del libro Renoir, mio padre (2015, Adelphi Edizioni), Milano ha infatti inaugurato dal 16 al 28 febbraio presso il MIC – Museo Interattivo del Cinema una vera e propria rassegna nella quale arte e cinema potessero dialogare, così come lo stesso Pierre-Auguste e il figlio Jean, considerato uno cineasti fondatori della Nouvelle Vague. Accanto al film Renoir (2012) di Gilles Bourdos sono stati infatti presentati i capolavori su pellicola diretti proprio da Jean, tra i quali Fille de l’eau (1924) e La Petite marchande d’allumettes (1928). Per non essere da meno, il 5 e 6 aprile Venezia ha dedicato, con la rassegna Il posto del teatro nel cinema di Renoir, due giornate di studi attorno alla figura di Jean Renoir presso la Fondazione Querini Stampalia. Oltre alle proiezioni di significative pellicole come Une partie de campagne (1936) e La règle du jeu (1939), l’intervento di Vincent Thabourey, critico cinematografico per Positif e coordinatore della rete di sale Art et Essai nella regione Provence-Alpes-Côte d’Azur, ha sicuramente offerto una visione approfondita e inedita del regista francese.

Jean e Pierre-Auguste Renoir - fonte: www.youtube.com
Jean e Pierre-Auguste Renoir – fonte: www.youtube.com

In questo caso, il cinema non è solo mezzo di una divulgazione culturale più dinamica ed attuale ma è fil rouge che lega e annovera i Renoir tra i geni e gli innovatori che seppero fare dell’arte in tutte le sue forme uno strumento di rottura nella società nel XX secolo. Il film conduce lo spettatore all’interno di un’esperienza favolosa, in un alternarsi di musica (Claude Debussy), lettere ed interventi di artisti, critici e storici dell’arte come Ken Johnson (Washington Post) e Philip Kennicot (New York Times) nel tentativo di dispiegare le trame di una produzione artistica unica al mondo. Grande protagonista di questa creazione a metà strada tra documentario, film e concerto sono le straordinarie sale della Barnes Foundation di Philadelphia, un museo prezioso, un’esperienza a tutto tondo che coinvolge i sensi e l’anima del visitatore. La prima sede venne fondata nel 1922 a Philadelfia da Albert Barnes, imprenditore americano a capo della casa farmaceutica A.C. Barnes Company, presso la quale guadagnò un’ingente fortuna grazie alla messa a punto ed alla commercializzazione dell’argirolo, un antisettico composto da proteine ed argento usato nella terapia della gonorrea. Barnes, prima di tutto, fu un notevole collezionista e cultore dell’arte che lavorò a un interessante e, ancora oggi, innovativo sistema educativo che permettesse di poter godere appieno dell’arte come una vera e propria esperienza estetica in grado di emozionare. Lui non era semplicemente interessato alla costituzione di un comune museo, ma credeva fortemente nell’arte come un patrimonio alla portata di tutti, come valore necessario nell’esplicarsi della propria crescita e vita umana: «the promotion of the advancement of education and the appreciation of the fine arts».

I quadri alla Barnes Foundation
I quadri di Pierre-Auguste Renoir alla Barnes Foundation – fonte: www.nytimes.com

Proprio per questo motivo, le prestigiose sale della Barnes Foundation, che già avevano accolto le opere dei maggiori artisti del XX secolo come Paul Cézanne e Pablo Picasso, erano inizialmente accessibili esclusivamente agli operai e ai dipendenti della A.C. Barnes Company: ogni giorno vi si tenevano seminari e conferenze che potessero rivelare ai comuni lavoratori i segreti dell’arte.

Barnes era «ossessionato» dall’arte di Renoir: ne collezionò più di 180 opere grazie soprattutto alla mediazione di Paul Durand-Ruel, imprenditore e mecenate francese, primo vero acquirente e sostenitore degli Impressionisti. Albert Barnes non poteva fare altro che interrogarsi su questo artista così misterioso e dibattuto: qual è il segreto che si cela dietro ai suoi capolavori? Come può l’arte trasmettere tanto?

Non è quindi un caso che questa entusiasmante retrospettiva sulla vita e formazione di Renoir inizi e finisca proprio tra le sale di un luogo come la Barnes Foundation, oggi un’istituzione all’avanguardia nel suo genere, dislocata in 3 sedi diverse (Philadelphia, Merion e Kear-Fel) e dotata anche di un notevole giardino botanico, The Barnes Arboretum, che si estende per 12 acri e che ospita più di 2500 specie tra alberi e piante rare. Ogni anno l’Arboretum ospita corsi e attività specifiche destinate a progetti di ricercatori provenienti da tutto il mondo.

Sul set del film - oltraggio e seduzione
Sul set del film Renoir – oltraggio e seduzione – fonte: www.urbanpost.it

Il vincente esperimento cinematografico di Phil Grabsky va però oltre al periodo impressionista e tipicamente parigino di Renoir, ne analizza infatti le evoluzioni e le trasgressioni che lo portarono poi ad allontanarsi dalla tecnica en plein air per intraprendere un personale percorso di ricerca che incluse un importante viaggio tra l’Italia (Venezia, Roma e Napoli) e l’Algeria che lo avvicinerà a una visione più carnale dell’arte e del corpo femminile. I volumi e i colori diventano esasperati, esagerati, quasi scandalosi. Le giovani e prosperose protagoniste, che sembrano rimandare alle stesse Bagnanti di Tiziano e Giorgione, posano nude, con uno sguardo vacuo e pacifico, immerse in una dimensione idilliaca offrendo il proprio corpo allo sguardo e al desiderio dello spettatore. La cinepresa si concentra soprattutto su Le grandi bagnanti (1887), punto di svolta della produzione dell’artista dove fianchi, cosce e seni diventano elementi chiave di uno stile scandaloso e quasi «manierista». Renoir venne a tal proposito considerato maschilista e misogino perché le sue donne erano vuote, strumenti della carne e dell’erotismo, incapaci di pensare e inconsapevoli del proprio corpo.

Chi è dunque il vero Renoir?

Il documentario non ci dà una risposta certa, ma ognuno di noi può trovarvi la propria. Certo è che, attraverso i commenti e le considerazioni dei visitatori della Barnes Foundation, la telecamera ci mostra l’emozione che in loro suscitano le pennellate dell’artista. Il fascino che avvolge le opere di Renoir ancora oggi ci fa interrogare sul vero significato di questa ossessiva produzione di nudi che sembrano oscillare, appunto, tra oltraggio e seduzione.

Le grandi bagnanti, Pierre-Auguste Renoir, 1887, olio su tela
Le grandi bagnanti, Pierre-Auguste Renoir, 1887, olio su tela

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Valentina Cognini

Nata a Verona 24 anni fa, nostalgica e ancorata alle sue radici marchigiane, si è laureata in Conservazione dei beni culturali a Venezia. Tornata a Parigi per studiare Museologia all'Ecole du Louvre, si specializza in storia e conservazione del costume a New York. Fa la pace con il mondo quando va a cavallo e quando disquisisce con il suo cane.

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