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È gratis il riconoscimento? Glossa a Jean-Luc Nancy

Il breve scritto «Gratuité» presenta una spiegazione filosofica della socialità umana su cui riflettere

13 minuti di lettura

Morto di recente, Jean-Luc Nancy è famoso per essere il filosofo del “noi”, formula che ottiene il riconoscimento di un concitato plauso pubblico nel tempo della professione di inclusione politically correct ad oltranza – cioè adesso. 

Noi

Il breve scritto Gratuité presenta una spiegazione filosofica della socialità umana di cui prendere nota e su cui riflettere. In questo senso, la domanda che Francesca Nodari, curatrice e traduttrice del breve testo di Nancy pubblicato per Mimesis nel 2018 sotto il titolo Che cosa resta della gratuità?, si pone nell’introduzione muove dal presupposto che nella nostra società prevalga lo «iperindividualismo», la «prestazione», e lo «ethos dell’efficienza». Ma con l’odierno neo-umanismo filosofico dell’inclusione sociale – che si sforza a riconfigurare valori e vincoli sociali – la gratuità sembra trovare una nuova via di espressione, per la quale è proprio la tesi capitale dell’intera filosofia di Nancy ad essere richiamata con rinnovata vitalità, nel momento in cui una nuova forma di iper-socialità del “noi” sta bandendo progressivamente l’individualismo etico, e quindi anche ontologico.

Parallelamente, in certi circuiti filosofici della cultura è da tempo in atto lo smantellamento del soggetto universale e astratto, la decostruzione e la rimozione dell’essenza come presenza individuabile nella Persona. La domanda spontanea è: quanto ne sappiamo oggi dell’individualismo e quanto del collettivismo? Quanto dell’identità personale e quanto della relazione interpersonale? Oggi, individualità è, soprattutto, egotismo, egocentrismo, autoreferenzialità, limitatezza volgare, cattiveria, stupidità. Mentre, collettività è inclusione, solidarietà, aiuto reciproco, bontà, intelligenza, sapiente accettazione genuina dell’altro diverso dal sé, coesistenza felice e fruttuosa perpetrata da nuove semantiche degli elementi di contrasto. 

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La posizione di Nancy riguardo il “noi” è questa: la socialità, l’essere-con gli altri, non è qualcosa che si aggiunge dall’esterno ad individui monadici preesistenti, ma è il comune tratto costitutivo dell’esistenza: 

una condizione che è quella dell’essere-insieme, come l’insieme non si aggiunge all’essere ma lo costituisce [perché, infatti] vivere un’esistenza umana significa innanzitutto riceverla a partire da un riconoscimento che proviene dai propri coesistenti

pp. 32-35

Individuo

Questa condizione esistenziale propria di tutti si fonda su tre istanze: linguaggio, riconoscimento, impegno reciproco. In questo senso la filosofia di Nancy, come filosofia dello zōon politikòn, è una filosofia che rovescia un’altra antropologia filosofica, quella espressa dal giovane Heidegger: mentre l’antropologia heideggeriana vede nella socialità dell’uomo qualcosa di strutturale, ma proprio della sua essenza inautentica (con-essere), Nancy rileva invece la modalità esistenziale dell’essere-assieme come l’unica e costituiva realtà esistenziale per ciascuno (essere-con). Lungi dall’essere sé stesso in modo autonomo e a prescindere dagli altri e dall’altro, sé stesso nella solitudine dell’ascolto della chiamata della propria coscienza, il singolo essere umano è già sempre legato ad altri, vale a dire che il sé stesso da solo radicalmente non c’è, è una sorta di auto-inganno psicologico esiziale per la vita sociale. Non c’è auto-determinazione, ma solo co-determinazione plurale: riconoscimento. La configurazione del «con» di Nancy è pre-egologica nel senso che il «chi», senza la proprietà del sé stesso autonomo, non genera la «persona»,  ma la sostituisce. Non sfocia nell’individuazione, ma conduce a considerare ciascuno né come sostanza, né come soggetto, né come insieme di funzioni, ma come risultante indefinita di molti legami, «essere singolare plurale», in cui, senza il sé, solo gli sradicati e contingenti stati mentali ed emotivi permangono. Questi stati sono il centro di interesse del nostro neo-umanismo filosofico suddetto. 

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Questo centro di interesse, che è anche uno stile di vita, difende oggi una specie di mantra storicistico – che lo stesso Nancy sposa – secondo cui l’individualismo è proprio della democrazia liberista oppure dell’imperialismo. Su questo mantra si annida la cattiva coscienza, la malafede, e il biasimo verso l’etica individualista intesa come etica dell’insensibile, dell’egoista. Così, l’individualismo è sempre più «piccolo e brutto» agli occhi della nuova collettività. 

Riconoscimento

Per Nancy, il riconoscimento è il fondamento sociale della socialità stessa. Percepito da altri, ciascuno esiste solo se riconosciuto nel suo essere come soggetto con cui per esempio scambiare merci e fondare l’economia di mercato. il riconoscimento di Nancy è il dispositivo sociale alla base dell’unico possibile esser sé stesso di ciascuno:

essere riconosciuto significa essere riconosciuto in proprio, propriamente. In quanto propria, in quanto ogni volta mia – secondo la formula di Heidegger – l’esistenza è essenzialmente indebitata per il suo riconoscimento. Questo non fa nient’altro che accordargli il suo proprio. 

p. 39

Significa: l’individuo non esiste da sé, dunque non è “proprio” se non attraverso il riconoscimento. L’essere-propria della mia vita e della mia persona è in debito con il riconoscimento degli altri. Senza tale riconoscimento io non sono mai me stesso, brancolo a vuoto nel darmi da fare quotidiano, senza essermi proprio. L’identità non è una personale scoperta di sé, bensì una costruzione sociale nella vita assieme agli altri. Questa tesi è efficacemente descrittiva di qualsiasi contesto sociale: descrive la condizione di un imperante e costante etero-percezione, tipica della socialità, come surrogato sociale della personalità individuale. Da ciò si comprende come la persona, vale a dire solo io nella mia personalità che agisce con gli altri e con le cose, venga “riconosciuta” nel pubblico e “stimata” dal mio corredo di capacità utili alla comunità e dalle mie maniere, da ciò che è percepibile agli altri: il mio corredo è il mio essere riconosciuto, cioè il mio me stesso. Come può essere, allora, il riconoscimento a farmi appropriare di me, se il riconoscimento è relativo a un essere già da sempre colto in base al suo corredo? Il sé stesso di ognuno si identifica dunque col corredo. Tale, però, è precisamente l’idea che sta alla base della società della competenza.  

Essere

Nancy precisa, allora, che il riconoscimento non è dello «avere», ma dell’essere stesso della persona, cioè è un atto di separazione in una condizione esistenziale di partenza che è quella dell’essere-assieme, perché il riconoscimento è il principio di individuazione dell’identità unica e irripetibile di ciascuno, ovvero del proprio essere proprio. Il riconoscimento da parte dell’altro, quindi, non mira all’appropriazione e al guadagno, ma è principio della «propriazione» cioè della legittimazione dell’essere il proprio sé stesso di un singolo individuo, accreditata dagli altri. A causa del contesto esistenziale di partenza, che è già sempre socializzato, la propriazione di sé non è data, ma deve passare attraverso il riconoscimento. L’essere proprio di ciascuno diventa quindi inalienabile e però mai fondato davvero senza il riconoscimento dell’altro, quindi si tratta di una esistenza strutturalmente  debitrice dell’altrui riconoscimento, che accredita come esistenza propria, essere, l’identità di ciascun singolo. 

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In questo contesto esistenziale, la gratuità sta nella possibilità personale di non riconoscere nessuno e di non farsi riconoscere da nessuno, di non essere creditore e di non onorare debiti. Questa possibilità che, per Nancy, non è accidentale ma necessariamente implicata nel meccanismo del riconoscimento, implicherebbe, a rigore, che chi fa così, non giunge mai alla propriazione. Perché il riconoscimento, in quanto credito, non è gratuito, ma richiede un contro-riconoscimento dal quale ciascuno ottiene la propriazione di sé. L’uomo che possiede il suo essere proprio è riconosciuto in quanto ‘riconoscente’, oppure, in caso contrario, respinto da sé stesso e fuori dal consorzio umano. 

Ma, poiché la condizione esistenziale collettiva è data fin dall’inizio (essere-con) il riconoscimento stesso deve essere già presente come il «con» che determina l’«essere» di ciascuno, altrimenti la stessa concezione dell’essere come essere-con sarebbe falsa. Allora, dice Nancy, il riconoscimento è una promessa esistenziale per tutti, cioè qualcosa che non può essere eluso o sottratto dalla condizione di vita delle persone, e proprio per questo, non mirando al guadagno, a una finalità, e ad una appropriazione, ma al semplice ‘esserci’ (riconoscimento dell’essere e non dell’avere), è gratuito. 

Nancy riprende la nozione di gratuità dalla teologia agostiniana: il riconoscimento non ha bisogno di prerequisiti particolari, non segue alla logica del buono e cattivo, eppure non è gratuito. Il riconoscimento dell’essere proprio di un altro sarebbe, quindi, gratuito, eppure ci mette in una condizione di onorare o non onorare un debito agli altri, come ad un creditore.  Ma allora, il riconoscimento è costitutivo dell’essere-con, e pertanto gratuito: immediato e indebito come un “salutarsi”; eppure ciascuno di noi è debitore del proprio e creditore dell’altrui essere. Se è così, a quale perno si appiglia il riconoscimento dell’essere, se la proprietà di qualsiasi sé è svuotata del tutto di una qualsiasi ipseità? Cosa riconosce chi? Chi è riconoscente di cosa? Se non di un ignoto ed ineffabile essere di volta in volta indeterminato? Ecco che, anche nella filosofia di Nancy, si fa spazio il riconoscimento in base alla prestazione. 

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Lorenzo Pampanini

Classe 1994. Laureato in Scienze Filosofiche all'Università La Sapienza di Roma.

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