Simboli di bellezza, emblemi dell’effimero, nidi di fragranza. I fiori permeano tutte le culture, acquisendo molteplici significati. L’essere umano ne è sempre rimasto affascinato, poiché si tratta del miglior metodo che la Natura ci ha fornito per una misura estetica del tempo. I fiori seducono, riconciliano, ipnotizzano, ma sanno anche disgustare, se lo ritengono necessario per la loro sopravvivenza. Sebbene continuino a decorare i nostri giardini, a fungere da segno di pace o corteggiamento e a commemorare occasioni solenni, i fiori hanno perso quell’influsso magico che hanno esercitato per secoli sui molti popoli. Questo, tuttavia, non si può dire del Messico, un paese che ancora oggi si bea di fiori dai petali colorati e profumi incantevoli in diverse sfere della vita quotidiana.
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Simbologia floreale dei popoli indigeni
I fiori erano al centro del sistema simbolico dei popoli della Mesoamerica (un’area che comprende i moderni Messico, Guatemala, El Salvador, Nicaragua, Belize, Honduras e Costa Rica). Esso rappresentava numerosi concetti, talora antitetici: la vita, la morte, l’uomo, il linguaggio, l’amicizia, l’arte e la nobiltà. Persino il mondo era concepito come una mastodontica piattaforma dalla forma di un fiore a quattro petali, sulla quale convivevano umani e animali.
Tra le divinità alla base del credo politeista dei popoli indigeni vi erano Xochiquétzal e Xochipilli. La prima era la dea dei fiori, della fertilità e dell’agricoltura, e nelle rappresentazioni aveva sempre le sembianze di una donna giovane e bellissima – motivo per cui era anche considerata l’epitome della tentazione e del piacere carnale. La sua controparte maschile era Xochipilli, anche lui associato ai giochi, ai piaceri, alla bellezza e all’amore. Soprannominato “Principe dei fiori”, era spesso ritratto seduto a gambe incrociate, circondato da fiori di tabacco, Rivea corymbosa (una specie dai petali bianchi e dalla forma a calice) e Heimia salicifolia (altresì conosciuta come aprisole o sinicuichi, dai petali giallo chiaro).
La simbologia floreale mesoamericana possedeva, sostanzialmente, echi positivi. I fiori erano collegati a momenti gioiosi, fatti di canti e danze, ma anche a rituali religiosi, per i quali si assemblavano variopinte ghirlande. Tra le specie più ricorrenti, ricordiamo il cacahuaxochitl (fiore di cacao), il cempoalxochitl (Tagetes erecta, simbolo del Día de Muertos), tlilxochitl (fiore di vaniglia) e l’oceloxochitl (tigridia).
I fiori nella medicina del Messico
Tradizionalmente, i popoli indigeni che abitavano l’odierno Messico non solo attribuivano ai fiori significati profondi, ma se ne servivano anche in ambito medico (sebbene gli erbari e i medicinali a base di petali, foglie e radici non erano usati esclusivamente dai mesoamericani, ma anche dalla farmacologia occidentale). Il profumo, in particolare, con le sue proprietà rivitalizzanti, poteva guarire dall’insonnia e dalla spossatezza, oppure proteggere i viandanti durante l’attraversamento di fiumi.
Nell’era moderna, i fiori medicinali messicani furono suddivisi in due gruppi: le specie in grado di influenzare chimicamente il cervello, come il toloache (la datura), casahuate (Ipomoea arborescens) e il floripondio (stramonio arboreo); le specie che hanno effetto sul sistema endocrino, dalle quali si estraggono oli essenziali, come il cacaloxochitl (Plumeria rubra) e lo yoloxochitl (magnolia messicana).
I fiori nella cucina del Messico
La cucina contemporanea si serve volentieri dei fiori nella decorazione o aromatizzazione dei piatti. Tuttavia, mentre in Occidente è più probabile trovarli in una cucina sofisticata e di alto livello, in Messico la situazione è ben diversa. La tradizione si è servita di fiori edibili per millenni, fossero essi specie endemiche oppure importate. Oggi si suole ancora bollirli o arrostirli – raramente si consumano crudi – e accompagnarli con uova o fagioli. In molte occasioni, i petali si prestano per infusi caldi o per le cosiddette aguas frescas, bevande non alcoliche dolci e dissetanti. In alternativa, possono essere aggiunti nelle zuppe o nelle insalate.
Dittico di fiori messicani: la dalia e il fiore di morto
Delle 250mila specie di piante conosciute sul nostro pianeta, il Messico ne conta ben 25mila, ossia un decimo del totale. Di queste, 12,5mila sono endemiche, un fattore che palesa la straordinaria ricchezza naturale del paese. Di tutti i fiori che permeano la cultura del Messico, due specie in particolare dischiudono compiutamente la sua essenza, in perfetto equilibrio tra passato e presente: la dalia e il fiore di morto.
La dalia è un genere di piante diffuso in tutto il mondo, benché la sua terra natia sia proprio il Messico. Le 35 specie endemiche sfoggiano un ventaglio di forme e colori notevoli, apprezzati dai popoli mesoamericani per gli scopi più diversi: decorazioni di templi, tinte per indumenti, offerte alle divinità, motivi per ricami e gioielli. Anche in cucina la dalia dimostrava versatilità, giacché i suoi tuberi erano consumati in un modo simile alle patate. L’importanza di questo fiore fu sancita nel 1963 dal presidente Adolfo López Mateos, che lo innalzò a simbolo nazionale, dedicandogli persino una giornata in suo onore, il 4 agosto.
Non meno comune della dalia è il Tagetes erecta, una specie conosciuta come calendula azteca o fiore di morto. Come rivela il nome, si tratta del fiore rappresentativo del Día de Muertos, festività in onore dei defunti che cade i primi due giorni di novembre. Durante questo periodo, il flor de muerto è utilizzato nella costruzione di ghirlande, archi, crocifissi e stelle a cinque punte, decorazioni che accompagnano le ofrendas (offerte) di ogni famiglia ai propri cari. Proprio in virtù del loro colore giallo-arancio sgargiante e del loro profumo peculiare, i petali di questo fiore vengono anche sparsi per terra, in modo da formare un sentiero che guidi gli spiriti sino alla loro dimora. Le sue caratteristiche gusto-olfattive trovano, infine, impiego anche in cucina: col loro sapore dolce e leggermente agrumato, i petali sono ingredienti ideali di insalate, zuppe e tisane, nonché dei tipici moles (salse a base di peperoncino).
Il mestizaje del Messico odierno
In tempi antichi, il fiore era alla base della simbologia di popoli quali i Maya, i Toltechi e gli Aztechi. Insieme alla giada e alle piume di quetzal, esso era sinonimo di preziosità, e appariva in numerosi dipinti e incisioni di palazzi e piramidi. Tuttavia, l’arrivo dei colonizzatori spagnoli soffocò definitivamente ogni tentativo d’espressione della cultura aborigena: l’Inquisizione impose il Cristianesimo, cancellando così i riti propiziatori che vedevano nei fiori il loro centro simbolico, e la coltivazione di specie endemiche fu sostituita da quella del tabacco e dell’amaranto, poi esportati.
Se da una parte il Messico di oggi è riuscito a conservare elementi di cultura indigena, dall’altra la fusione con le usanze dei conquistadores è stata inevitabile. In spagnolo si parla appunto di mestizaje, ossia di “miscela”, per definire la sovrapposizione di queste tradizioni. Una delle conseguenze di questo fenomeno fu, ad esempio, la celebrazione della Pasqua, durante la quale i fiori sostituiscono la carne nel digiuno comandato dalla Quaresima.
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«Il minimo che io possa fare/per ringraziarti di esistere/O fiore, miracolo multiforme,/è imparare il tuo nome e ripeterlo».
Salvador Novo, Eulogio floreale
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Fonti:
- Flowers, A. Ruy Sánchez Lacy, M. Suderman, M. León-Portilla et. al., in “Artes de México”, n. 47, 1999, pp. 81-96.
- Mexican edible flowers: Cultural background, traditional culinary uses, and potential health benefits, S. Mulík, C. Ozuna, in “International Journal of Gastronomy and Food Science”, vol. 21, 2020, pp. 1-14.