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«Too Old to Die Young»: violenza e simbolismo

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Lo scorso 14 giugno è stata distribuita al grande pubblico, da Amazon Prime Video, la serie che Nicholas Winding Refn (The Neon Demon, Valhalla Rising) aveva presentato a maggio al Festival di Cannes: Too Old to Die Young. La serie ha visto la luce dopo una post produzione relativamente lunga, dal momento che il termine delle riprese risale all’11 agosto 2018. Questa attesa si deve, probabilmente, al grande lavoro di estatica delle sequenze, percepibile guardando la serie.

Niente di convenzionale 

Too Old to Die Young è la serie più anti-convenzionale degli ultimi anni. Refn non rispetta nessun canone della narrazione, ne risulta uno storytelling che investe tutto sui personaggi e poco sulla trama. Eppure, pur non essendoci un protagonista, nè un antagonista, la trama sembra essere destinata a estendersi con ampio respiro. Gli eventi innescati dalla “vita là fuori”, visibilmente in balia dei caratteri dei personaggi, sono il contenuto esposto in 10 episodi da 1h30 l’uno. Non viene lasciato spazio a nessun tipo di sentimento condiviso, se non quello – peculiare e indomabile – della follia morale. Viene descritto un mondo umano violentemente anarchico, con ritratti di categorie sociali in cui la verità dell’essere umano emerge come una commistione di immoralità, scarsa deontologia, perversione sessuale e crudo istinto di sopravvivenza fondato sulla sopraffazione deliberata e senza regole.

Too Old to Die Young: un contenuto ultraviolento

La violenza è la vera protagonista della serie, la innerva fin dalla prima puntata e poi in modo crescente e dirompente continua a essere lei a ritmare l’escalation del flusso drammatico degli eventi che concernono i personaggi. La violenza compare in tutte le sue forme, da quella più semplicemente fisica, a quella morale, da quella per fare giustizia a quella atroce ed efferata, tipica dei cartelli messicani, fino ad arrivare alla violenza omicida insensata e a quella psicologica. Se alcuni episodi di Breaking Bad hanno turbato lo spettatore per la violenza dei cartelli messicani, sappiate che non sono niente in confronto al modo, assai più efferato e realistico, con cui li descrive Refn. Un modo simile con cui recentemente è stata rappresentata la violenza in ambito cinematografico è rinvenibile nel film Mandy di Panos Cosmatos, ma in ambito di audiovisivi seriali non esisteva prima di Too Old to Die Young niente del genere: nè FargoDexter e neppure Sons of Anarchy hanno saputo rappresentare così fenomenologicamente la violenza. In questo senso la serie è un hapax legomenon in materia e merita il riconoscimento di capolavoro.

Too Old to Die Young

Simbolismo

Lo stile electro-dark della serie, l’amore per i neon, e la lentezza dei dialoghi (elemento in comune con Breaking Bad) esortano lo spettatore a riflettere “senza perdersi una parola” e quindi a seguire gli sviluppi della serie in modo naturale. Le riprese sono girate in modo che la telecamera si muova spesso in modo lento, e questo aspetto crea una forte suspense e coinvolge lo spettatore in un’atmosfera inusuale, distante dalla quotidianità, ma al contempo assolutamente vicina a essa. Le riprese restituiscono completamente la realtà mondana delle modalità colloquiali degli uomini. Per cui, ogni cosa, ogni gesto, ogni parola non sono che simboli.

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Alla violenza si lega intimamente il simbolo, ne è una testimonianza iconica la pistola di Yaritza, uno dei personaggi più emblematici e misteriosi della serie. Yaritza fa inserire nell’impugnatura della sua pistola l’Appeso, carta dei Tarocchi che raffigura un uomo impiccato. Più diffusamente, la serie è intrisa di simbolismo e di pratiche mistico-magiche e rituali misterici che ci lasciano supporre che Refn non abbia ancora abbandonato il suo legame teorico e quasi dottrinale con la dimensione onirica e pseudo-religiosa, elementi ricorrenti nei suoi film e capisaldi della sua poetica. La violenza stessa non è mai solo violenza, ma è sempre investita di un profondo senso simbolico, quasi rituale-religioso sia per gli scopi per cui è perpetrata, sia nelle modalità della sua esecuzione.

 

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Lorenzo Pampanini

Classe 1994. Laureato in Scienze Filosofiche all'Università La Sapienza di Roma.

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