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Orbán, il Coronavirus e i «pieni poteri»: facciamo chiarezza

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5 minuti di lettura


Lo scorso 31 marzo il Parlamento ungherese ha concesso pieni poteri senza limiti di tempo al premier Viktor Orbán per gestire l’emergenza Covid-19. Qualcuno gli dà del tiranno, qualcun altro ritiene la decisione democratica.

Ma quali sono i fatti? Procediamo con ordine.

Chi è Orbán?

Viktor Orbán, 56 anni, laureato in Giurisprudenza, è stato il premier ungherese dal 1998 al 2002 e dal 2010 ad oggi. Sospeso dal Partito Popolare Europeo insieme a Fidesz (il partito di centro-destra avvicinatosi negli ultimi anni a posizioni nazionaliste e sovraniste) del quale è a capo, è un sostenitore della democrazia illiberale, sistema di governo nel quale vengono negati alcuni diritti e libertà (come quella della libertà dell’informazione), ma nel quale si mantiene una “parvenza di democrazia”, ad esempio con la periodica indizione delle elezioni.

Nella sua storia politica, Orbán ha modificato ben 4 volte la Costituzione ungherese, istituendo organi di controllo per la stampa nominati dal Governo, limitando i poteri della magistratura e riducendo di quasi metà i seggi elettorali. Critico sull’Unione Europea (salvo quando c’è da incassare i contributi europei, che tengono di fatto a galla l’economia locale) e sull’immigrazione (è uno dei costruttori dei famosi muri anti-migranti), è vicino alle posizioni sovraniste di Salvini, Meloni e Le Pen, ai quali ha dato più volte un endorsement, forse con l’obiettivo di creare un’alleanza sovranista.

Il provvedimento

Il Parlamento ungherese, spinto dalla gravità dell’emergenza Coronavirus, ha approvato il 30 marzo, con 137 voti a favore e 53 contrari, una serie di provvedimenti che prevedono l’innalzamento a 5 anni di carcere della pena per coloro che “diffondono false notizie sul Covid-19” e la cessione dei pieni poteri al Governo. Concretamente, ciò vuol dire che Orbán (con un semplice decreto) ha il potere di sospendere il Parlamento, di modificare le leggi già in vigore, di abrogare o indire elezioni: di svolgere insomma – da solo o con la sua squadra di Governo – tutto ciò che prima svolgeva il Parlamento. Per annullare le decisioni da lui prese si avrà inoltre bisogno dell’approvazione da parte di due terzi del Parlamento e del Presidente (membro, tra l’altro, di Fidesz).

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Le opposizioni hanno cercato di introdurre un limite temporale di 90 giorni promettendo in cambio i loro voti, ma il premier magiaro ha rifiutato: suo sarà quindi anche il potere di decidere quando lo stato di emergenza, e quindi il suo potere assoluto, finirà. Poco dopo ha anche dichiarato, viste le proteste delle opposizioni dell’estrema destra di Jobbik e della sinistra socialista, che «le opposizioni stanno con il Coronavirus».  Ciò che desta più perplessità e preoccupazione tra l’opposizione è che i contagiati da Covid-19 in Ungheria sono all’incirca 500, un numero probabilmente troppo basso per giustificare tali drastiche misure. Alcune fonti riportano però che i tamponi fatti sui civili risultano essere attualmente molto pochi. L’Unione Europea nel frattempo ha promesso di “monitorare la situazione”, anche se i più critici affermano che ciò era stato fatto anche con la Turchia di Erdogan, fallendo.

Chi difende Orbán?

In Italia non sono mancate le reazioni positive dopo la mossa del premier ungherese. Salvini e Meloni hanno affermato che il provvedimento è democratico in quanto votato a maggioranza dal Parlamento e preso nel rispetto delle garanzie costituzionali. Sono poi fioccati, sempre dalla parte sovranista del dibattito politico, i paragoni con Conte, affermando che i due hanno, alla fin fine, gli stessi poteri.

Orbán ha dichiarato che, se il Parlamento lo vuole, è libero di revocargli i pieni poteri e che quindi la sua resta una decisione presa nei limiti della democrazia.

Cosa stride nella difesa del provvedimento?

Su questo punto, Meloni, Salvini e Orbán hanno perfettamente ragione: è vero che il provvedimento è stato preso nel pieno rispetto delle garanzie democratiche e costituzionali (come tra l’altro avvenne per Mussolini o Hitler), ma resta il fatto che Orbán ha modificato ben 4 volte la Costituzione a suo piacimento, facendo sì che le decisioni del Parlamento fossero sacre a prescindere dagli organi di controllo.

In breve, dopo essersi assicurato il consenso attraverso alcune misure (organi di controllo della stampa e divieto di spot politici in emittenti private), Orbán ha reso sacrosante le decisioni di un Parlamento di cui si era assicurato la maggioranza.

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La domanda qui sorge spontanea. Che valore possono avere le garanzie di una costituzione riscritta ad hoc per ottenere consensi e bypassare gli organi di controllo di qualsiasi democrazia? E ancora: come si può dire che, se vuole, il Parlamento può revocare i pieni poteri quando è il premier stesso stesso a decidere se convocarlo? Sarebbe come dire che il fascismo era democratico perché il Gran consiglio del fascismo aveva il potere di sfiduciare Mussolini. Un paradosso.

Orbán è uguale a Conte?

Un paragone di cui si è anche troppo abusato negli ultimi giorni è quello tra Orbán e Giuseppe Conte, secondo il quale i due si equivalgono nei poteri. Ma le cose stanno davvero in questo modo? Per chi scrive, la risposta è no. Vi sono in Italia molte garanzie in più rispetto all’Ungheria. In Italia il Parlamento è aperto (può quindi sfiduciare quando vuole il premier) e, quando viene sospeso, viene sospeso perché è il Parlamento stesso a deciderlo, non per una scelta del premier.

Stando a quanto riporta il portale di informazione Ungheria News, poi, Orbán avrebbe il potere anche di modificare o annullare leggi già in vigore senza dover passare dal Parlamento, a differenza di Conte, il quale, senza l’approvazione del Parlamento, vede i suoi decreti scadere in 60 giorni.

L’Ungheria sta andando verso una dittatura?

È difficile stabilire se Orbán stia cercando la strada per la dittatura approfittando della confusione dovuta all’emergenza Coronavirus. Probabilmente non sta cercando affatto qualcosa di simile alle dittature così come le abbiamo conosciute nel Novecento. È più probabile invece che stia rincorrendo ciò che ha sempre affermato, senza pudore, di volere: una nuova democrazia illiberale, che rischia però di essere molto, troppo simile a una dittatura vera e propria.

Gli indizi che convergono ci sono: non solo le sue dichiarazioni, ma anche il rifiuto del limite dei 90 giorni proposto dalle opposizioni. A questo si somma un’ulteriore limitazione della libertà di stampa (ultima di un graduale processo di annullamento delle libertà democratiche), nella quale Orbán con il suo governo diventa l’arbitro del vero e del falso, mandando in carcere i giornalisti dissidenti fino a 5 anni.

Non solo l’Ungheria

Non abbiamo certezze riguardo agli obiettivi politici di Viktor Orbán. Quel quel che è evidente, però, è che da 10 anni Orbán continua a limitare la libertà di stampa e il potere dei vari organi democratici assumendo più poteri possibili. E questo è indubbiamente grave. Ma ciò che è ancor più grave è che in Ungheria, così come in Italia, non tutti colgono che la mossa di Orbán è anti-democratica, pur nella sua parvenza di democraticità.

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Ciò che in questo momento ci sembra limitato alla “lontana” Ungheria potrebbe quindi accadere anche domani in altri Paesi. Noi ci siamo andati vicini, forse, lo scorso agosto. L’allora Ministro degli Interni, Matteo Salvini chiese – forse senza capire la gravità della sua richiesta – quei «pieni poteri» di novecentesca memoria.

Quale coscienza si ha quindi della democrazia e della sua importanza? Si avvicina il 25 Aprile e, dopo 75 anni, dovremmo forse chiedercelo. Di nuovo.


Immagine in evidenza: Orban in parlamento. Da Eng News 24.


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